Il concetto di progresso, su cui si fondano i «valori occidentali», è strettamente connesso al concetto di tempo lineare, ovvero il tempo del mercante (e degli affari) contrapposto al tempo ciclico del contadino (economia naturale). Il tempo ciclico si fonda soprattutto su criteri biologici e astronomici, ovvero sul ciclico succedersi delle stagioni che regola le attività agricole. In questa concezione, l’essere umano vive in simbiosi col cosmo. È significativo che, nelle antiche simbologie religiose, sia ricorrente l’immagine del cerchio e della ruota.
Molto più recente è il concetto di tempo lineare, il cui punto di riferimento sono soprattutto (ma non solo) le cosiddette religioni rivelate (ebraismo, cristianesimo e islam), le quali contemplano un’origine (la creazione) e una fine del mondo (l’apocalisse). Esse trovarono un terreno fertile nei centri commerciali del Medio Oriente ellenico, dove l’economia naturale veniva scalzata dall’economia monetaria. Successivamente, sotto le sembianze del cristianesimo, e pur incontrando vive opposizioni interne ed esterne, questa concezione si diffuse in gran parte del Mediterraneo e dell’Occidente europeo. Essa rispondeva all’essenza del nascente modo di produzione capitalistico, ovvero al «tempo del mercante», basato sugli affari, sui commerci e sulla finanza, dove profitto e interesse aumentano (progrediscono) nel tempo.
Nel modo di produzione capitalistico domina il concetto di tempo lavoro: ogni attività viene misurata e calcolata per stabilire il tempo impiegato per produrre un bene o meglio una merce. Lo stesso criterio viene applicato per calcolare i vantaggi che da una determinata attività si possono trarre, in termini di profitto e interesse. Il capitalista compra il tempo dell’operaio, o meglio glielo ruba, poiché in realtà paga solo una piccola parte della ricchezza che in quel determinato lasso di tempo l’operaio ha prodotto (il plusvalore) .
Anche l’evoluzione sociale, il progresso, viene misurata e calcolata secondo questa logica. Per cui il concetto di evoluzione si confonde con il concetto di sviluppo. Dove non c’è sviluppo, non c’è evoluzione e non c’è progresso … Artefice dello sviluppo è, ovviamente, il modo di produzione capitalistico, grazie al capitale, il valore che si valorizza per eccellenza (altrimenti perisce).
È un assioma che si è affermato nel corso di almeno cinque secoli e che, in Occidente, abbiamo introiettato come una verità rivelata. Ma da qualche tempo questo assioma inizia a mostrare la corda (i limiti dello sviluppo!). Da circa quarant’anni, lo sviluppo, il PIL, ristagna e recede. Lo stato di salute del PIL è diventato una drammatica ossessione che ci perseguita con ritmi sempre più incalzanti. E intanto si parla tranquillamente di stagnazione secolare.
A questo punto, se le parole hanno un senso, stagnazione secolare significa che il modo di produzione capitalistico è fermo, anzi, a ben vedere regredisce, poiché consuma più di quanto produca, perdendo la sua presunta funzione storica e quindi la sua giustificazione ideologica. I valori della civiltà occidentale non hanno più alcun fondamento reale. E si svelano per quello che in realtà sono: sporche menzogne razziste per giustificare secoli di rapine, soprusi e sfruttamento.
Tradotto dagli appunti del pensatore francese Jacque Camatte.